Componenti spedizione dell’Italian Recovery Team:
Inquadramento storico
L’offensiva dell’Armata Rossa sul fiume Don del Dicembre 1942 e la rapida avanzata verso ovest consentirono molteplici accerchiamenti di importanti contingenti nemici. Queste dinamiche colsero impreparata l’URSS che si trovò ad affrontare un incremento sensibile del numero di prigionieri. Essi, una volta raccolti nelle aree di primo concentramento, dovevano essere trasferiti nei campi di prigionia dell’interno, ma la rete viaria era inadeguata e quella ferroviaria insufficiente per mezzi e strutture. Si resero pertanto necessarie gravose marce forzate.
Una delle da direttrici seguite, prima dello smistamento ai campi di prigionia, fu Stalingrad-Saratov-Kazan-Kirov, nota con l’appellativo di Viatlag. Kirov era una città lontana dal fronte, oltre il raggio d’azione dei bombardieri tedeschi, e per questo era sede di diverse fabbriche. Una di queste produceva i mitragliatori PPSH, mentre un’altra i Katyusha. La città di Kirov rappresentò uno dei più importanti crocevia per raggiungere gran parte delle destinazioni approntate per il concentramento e la detenzione dei prigionieri di tutte le nazionalità combattenti contro i sovietici. Da Stalingrado a Kirov i treni impiegavano circa due settimane, in quanto il binario singolo obbligava a lunghe attese atte ad incrociare i convogli prioritari in transito opposto con i rifornimenti diretti al fronte. Durante queste soste i treni venivano aperti ed erano scaricati i prigionieri deceduti a causa delle rigide condizioni climatiche e per l’insufficienza di cibo. I morti erano quindi ricaricati accatastati negli ultimi vagoni.
Nella regione di Kirov vi erano diversi ospedali, peraltro utilizzati anche per i militari russi, e per questo i treni vi scaricavano tutti i malati, soprattutto di tifo, e i congelati. I treni ripartiti da Kirov si fermavano più avanti, a Shikovo oltre il fiume Vyatka, dove i vagoni con i morti erano sganciati e terminavano il loro viaggio. L’area per le sepolture era stata individuata in un terreno concesso da una fattoria, a nord della linea ferroviaria, dove una serie di fosse a trincea con andamento perpendicolare ai binari erano state scavate, a causa del gelo, anche con l’ausilio dell’esplosivo. Il flusso di questi treni fu continuo da Gennaio ad Aprile 1943, come furono continue le sepolture. I morti erano depositati nelle fosse vestiti, nulla veniva loro tolto per il timore di contaminazioni. I corpi erano dapprima coperti con tronchi e quindi con il terreno di riporto dallo scavo.
Appena i ricoverati negli ospedali della città guarivano, se prigionieri erano impiegati come forza lavoro, mentre i sovietici venivano rimandati al fronte. Le morti negli ospedali rimanevano comunque consistenti, o per l’aggravarsi delle malattie o per anoressia a causa dei prolungati periodi di scarsa nutrizione. Le inumazioni avvenivano in piccoli cimiteri non lontani dagli ospedali e risultano tutte catalogate.
Situazione fosse
Delle fosse non si conosceva la precisa ubicazione e dimensione, ma erano sommariamente individuabili per la presenza di leggere depressioni del terreno. Non esiste invece un elenco dettagliato dei morti ivi sepolti, in quanto non è stata compilata o conservata la relativa documentazione.
Gli scavi iniziarono clandestinamente negli anni ‘80 quando sciacalli locali cercarono di reperire metalli preziosi rappresentati da denti in oro e anelli; queste operazioni sono state svolte solamente nella fascia boschiva a ridosso della ferrovia, che celava il loro operato.
Nel 2012 viene effettuato un primo sondaggio di scavo di 2×2 metri, profondo 2,5 metri, all’interno della fascia boschiva, dal quale emersero 52 corpi (dalla conta dei femori). Furono recuperati vari frammenti di piastrini italiani indecifrabili più tre piastrini ungheresi, oltre a diversi effetti personali come medagliette con icone religiose, monete italiane e stellette da bavero.
Nell’estate 2016 è stato effettuato un nuovo saggio di ricerca in prossimità di una depressione del terreno nell’area del campo fuori dalla fascia boschiva.
Nel Settembre 2016 sono state sondate le buche aperte dagli atti di sciacallaggio nel bosco. È stata riscontrata una situazione di estrema scomposizione delle ossa e le fosse sono state subito ricoperte. Nel dicembre 2016 una rappresentanza del North Apennines Po Valley Park si è recata a Kirov per prendere i primi contatti e mettersi a disposizione per una collaborazione in occasione di eventuali scavi. Altri e successivi contatti andranno a formalizzare la collaborazione tra italiani e russi.
Nel corso delle estati 2017 e 2018 si è proceduto allo scavo completo delle fosse, alla riesumazione dei corpi e al recupero degli effetti personali.
Nell’agosto 2018 è avvenuta la sepoltura definitiva con cerimonia nel cimitero di guerra di Falënki.
Gli unici non inumati a Falënki sono stati 12 italiani che sono stati rimpatriati e accolti presso il Tempio di Cargnacco (Udine) con cerimonia il 2 Marzo 2019.
La missione 2017
Nell’estate 2017 gli scavi hanno interessato unicamente la fascia boschiva a ridosso della linea ferroviaria transiberiana. Queste operazioni di scavo, identificazione e recupero possono essere riconducibili a tre fasi.
La prima fase operativa di scavo avvenne sotto la direzione dell’associazione russa di ricerche storiche DOLG e si svolse in giugno. Durante questa fase ai russi si affiancarono volontari italiani del NAPV intervenuti su due turni di scavo di una decina di giorni ciascuno. Complessivamente vennero localizzati i resti di 298 militari, ungheresi, italiani e tedeschi.
La seconda fase operativa è stata condotta nel mese di luglio dall’associazione tedesca VDK che ha recuperato ulteriori 1083 caduti.
La terza fase operativa non ha visto riesumazioni, ma numerosi sondaggi per appurare l’assenza di ulteriori sepolture nella fascia boschiva e sondaggi più mappatura nella parte di prato che sarebbe divenuta oggetto degli scavi dell’estate 2018. Inoltre in questa fase sono state condotte ricerche d’archivio per appurare la presenza di documenti relativi all’area oggetto di studio. In questo periodo, come nel primo, sono sempre intervenuti i russi della DOLG e gli italiani del NAPV.
La missione 2018
Nell’estate 2018 gli scavi hanno interessato appunto l’area di prato adiacente alla fascia boschiva, grazie al nulla osta dei proprietari fondiari. Queste operazioni di scavo, identificazione e recupero sono riconducibili a un’unica fase.
Alla fine del mese di luglio 2018 si sono svolte le riesumazioni sotto la direzione della tedesca VDK, con la collaborazione della DOLG russa e dei volontari italiani del NAPV, autorizzati direttamente dai Memoriali Militari di Mosca, l’ufficio del Ministero della Difesa Russo competente per questo tipo di attività, e in costante contatto con Onorcaduti che ha seguito e supportato l’attività. Complessivamente sono stati recuperati 574 militari tra ungheresi, italiani e tedeschi.
Alla fine del lavoro di riesumazione delle fosse già mappate, i volontari si sono dedicati alla verifica dell’eventuale presenza di altre fosse comuni, ma le ricerche non hanno portato all’individuazione di nessuna nuova fossa.
Volontari italiani intervenuti
Nei mesi compresi tra Agosto 2017 a Maggio 2018 diverse delegazioni dell’Italian Recovery Team si sono recati in Russia per mantenere i contatti con le istituzioni locali e prendere accordi per le missioni successive.